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La Cassazione ribadisce tolleranza zero sulla lealtà del Dipendente


La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11985 del 7 maggio 2025, ha ribadito un principio fondamentale nei rapporti di lavoro: la fiducia tra dipendente e datore di lavoro è un elemento intoccabile. Anche piccole mancanze possono giustificare un licenziamento per giusta causa, se minano questa fiducia.

La Suprema Corte ha confermato il licenziamento di una cassiera che non aveva registrato ripetutamente alcune vendite e non aveva emesso gli scontrini corrispondenti. Nonostante si trattasse di importi modesti e non fosse stata provata un’appropriazione indebita, il licenziamento è stato ritenuto legittimo.

Secondo la Cassazione, ciò che conta non è l’entità del danno economico o la prova di un furto, ma la lesione del vincolo fiduciario. Un comportamento scorretto, anche se di lieve entità, è sufficiente a mettere in discussione la futura correttezza della prestazione lavorativa, dimostrando una mancanza di diligenza e fedeltà. Questo basta a compromettere irrimediabilmente il rapporto di fiducia, rendendo legittimo il licenziamento per giusta causa.

In sintesi, la pronuncia sottolinea che la fedeltà e la correttezza del lavoratore sono essenziali, e anche una piccola violazione di questi principi può avere gravi conseguenze, indipendentemente dal danno economico diretto o dalla necessità di accertare un reato penale.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11154 del 28 aprile 2025, ha rafforzato la posizione dei datori di lavoro riguardo al comportamento dei dipendenti in malattia.


Gli ermellini hanno stabilito che è legittimo il licenziamento di un lavoratore che, durante un periodo di assenza per malattia, svolga attività incompatibili con la guarigione, anche se tali attività non causano un effettivo peggioramento della salute. Ciò che conta è la potenziale idoneità del comportamento a compromettere il percorso terapeutico, valutata ex ante, e la violazione dei doveri di correttezza e buona fede.

Il caso emblematico ha visto un operaio edile, in malattia per un problema al braccio, licenziato per giusta causa dopo essere stato sorpreso a guidare uno scooter per andare al mare. La Cassazione ha ribaltato la decisione della Corte d’Appello, che aveva richiesto la prova di un danno concreto alla patologia, sottolineando come la condotta del lavoratore fosse di per sé gravemente scorretta e contraria ai doveri contrattuali.

L’utilizzo del mezzo aziendale per fini extra lavorativi in ​​orario di lavoro giustifica
il licenziamento per giusta causa


L’utilizzo dell’auto aziendale per fini personali durante l’orario di lavoro è un tema sensibile sia per i dipendenti che per le aziende. La Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 3607/2025 del 12 febbraio 2025,  ha ribadito la legittimità del licenziamento in casi di abuso di beni aziendali, sottolineando l’importanza del rispetto delle risorse messe a disposizione dal datore di lavoro.
La Sentenza conferma la piena legittimità delle indagini aziendali, a condizione che siano dirette a verificare comportamenti fraudolenti che possano arrecare danno all’impresa. Il lavoratore, in seguito a un’indagine investigativa, è stato sorpreso in più occasioni a utilizzare il veicolo aziendale per scopi personali, creando una “situazione di apparenza lavorativa” fraudolenta. A seguito della contestazione disciplinare e dell’accertamento delle violazioni, l’azienda ha applicato il licenziamento per giusta causa

I giudici hanno escluso la violazione della privacy, sottolineando che i controlli sono stati effettuati in luoghi pubblici e con l’intento di accertare fatti rilevanti per l’azienda.

La Suprema Corte ha ribadito nuovamente che il datore di lavoro può ricorrere a un’agenzia investigativa per verificare condotte fraudolente dei dipendenti, purché il controllo non riguardi direttamente l’adempimento della prestazione lavorativa.