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La Cassazione ribadisce tolleranza zero sulla lealtà del Dipendente


La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11985 del 7 maggio 2025, ha ribadito un principio fondamentale nei rapporti di lavoro: la fiducia tra dipendente e datore di lavoro è un elemento intoccabile. Anche piccole mancanze possono giustificare un licenziamento per giusta causa, se minano questa fiducia.

La Suprema Corte ha confermato il licenziamento di una cassiera che non aveva registrato ripetutamente alcune vendite e non aveva emesso gli scontrini corrispondenti. Nonostante si trattasse di importi modesti e non fosse stata provata un’appropriazione indebita, il licenziamento è stato ritenuto legittimo.

Secondo la Cassazione, ciò che conta non è l’entità del danno economico o la prova di un furto, ma la lesione del vincolo fiduciario. Un comportamento scorretto, anche se di lieve entità, è sufficiente a mettere in discussione la futura correttezza della prestazione lavorativa, dimostrando una mancanza di diligenza e fedeltà. Questo basta a compromettere irrimediabilmente il rapporto di fiducia, rendendo legittimo il licenziamento per giusta causa.

In sintesi, la pronuncia sottolinea che la fedeltà e la correttezza del lavoratore sono essenziali, e anche una piccola violazione di questi principi può avere gravi conseguenze, indipendentemente dal danno economico diretto o dalla necessità di accertare un reato penale.

L’utilizzo del mezzo aziendale per fini extra lavorativi in ​​orario di lavoro giustifica
il licenziamento per giusta causa


L’utilizzo dell’auto aziendale per fini personali durante l’orario di lavoro è un tema sensibile sia per i dipendenti che per le aziende. La Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 3607/2025 del 12 febbraio 2025,  ha ribadito la legittimità del licenziamento in casi di abuso di beni aziendali, sottolineando l’importanza del rispetto delle risorse messe a disposizione dal datore di lavoro.
La Sentenza conferma la piena legittimità delle indagini aziendali, a condizione che siano dirette a verificare comportamenti fraudolenti che possano arrecare danno all’impresa. Il lavoratore, in seguito a un’indagine investigativa, è stato sorpreso in più occasioni a utilizzare il veicolo aziendale per scopi personali, creando una “situazione di apparenza lavorativa” fraudolenta. A seguito della contestazione disciplinare e dell’accertamento delle violazioni, l’azienda ha applicato il licenziamento per giusta causa

I giudici hanno escluso la violazione della privacy, sottolineando che i controlli sono stati effettuati in luoghi pubblici e con l’intento di accertare fatti rilevanti per l’azienda.

La Suprema Corte ha ribadito nuovamente che il datore di lavoro può ricorrere a un’agenzia investigativa per verificare condotte fraudolente dei dipendenti, purché il controllo non riguardi direttamente l’adempimento della prestazione lavorativa.

Con ordinanza del 5 febbraio 2025 n. 2806, la Corte di Cassazione ha precisato che il lavoratore che accede a banche dati aziendali, con il fine di avvalersi dei dati in esse contenute per finalità extralavorative, può essere licenziato per giusta causa.

Il caso oggetto di giudizio ha riguardato un dipendente di una banca il quale, utilizzando strumenti informatici aziendali, accedeva a conti bancari di diverse persone senza legittime ragioni di servizio. Secondo i giudici, il fatto costituisce una chiara violazione della normativa sulla privacy oltre a rappresentare una lesione dei doveri di riservatezza a cui il lavoratore è contrattualmente obbligato. Per tale ragione, il licenziamento può essere irrogato anche senza previa affissione di un codice disciplinare che esplicitamente punisca una simile condotta, considerato che la stessa si configurerebbe in ogni caso come una violazione di legge. In più, non c’è dubbio che l’accesso discrezionale del dipendente a banche dati aziendali per finalità personali costituisca una grave e definitiva lesione del rapporto fiduciario con il datore di lavoro che integra una giusta causa di recesso.


Le indagini effettuate da un’Agenzia Investigativa per accertare condotte illecite di un dipendente sono considerate legittime dalla Cassazione 


La Corte di Cassazione con Ordinanza n. 2157/2025  del 30 gennaio 2025 ha recentemente confermato il licenziamento per giusta causa di un dipendente per utilizzo improprio dei Permessi 104.

Con tale sentenza è inoltre stato ribadito l’utilizzo legittimo di un’agenzia investigativa da parte del datore di lavoro per accertare eventuali comportamenti illeciti del lavoratore.

Il Giudice del Lavoro ha rigettato il ricorso presentato da un lavoratore ritenendolo infondato e confermandone il licenziamento per giusta causa.

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